Home » Corrado Fratini

Corrado Fratini

Corrado_FratiniCORRADO FRATINI è nato a Spello il 10 ottobre 1953, ricercatore confermato in servizio, dal settembre 1984, presso la Facoltà di Magistero poi di Scienze della Formazione, Istituto di Storia poi Dipartimento di Studi Storici e Artistici, dell’Università degli Studi di Perugia (settore scientifico-disciplinare L Art/01).
Nel corso degli anni ha tenuto i seguenti insegnamenti:
Storia dell’Arte Medievale e Moderna, Museografia, Museologia, Storia dell’Arte Umbra, Fondamenti di Storia dell’Arte, Storia delle tecniche artistiche.
Giudicato idoneo alla prova di valutazione comparativa per professore associato tenutasi presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia il 17 e 18 gennaio 2001 e inquadrato come professore associato in Storia dell’Arte Medievale presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi di Perugia dal 1 11 2001. Dal 2013 è passato al Dipartimento di Lettere Lingue Letterature e civiltà antiche e moderne dell’Università degli Studi di Perugia, pur rimanendo nei quadri della Facoltà di Scienze della Formazione dello stesso Ateneo.
Attualmente è docente di:
– Storia dell’Arte medievale in Umbria, percorsi educativi
– Storia della Miniatura.
– Attività scientifica

Nel corso degli anni ha svolto le sue ricerche partendo da un’accurata disanima delle pubblicazioni specialistiche, delle fonti letterarie e documentarie e da indagini sul territorio. Queste condotte attraverso il censimento sistematico del patrimonio esistente in una specifica area e finalizzate all’individuazione di testimonianze inedite e poco conosciute, alla valorizzazione e alla tutela di quelle note, iniziative di cui danno conto alcune publicazioni specifiche (Guida di Spello, Spello-Santa Maria degli Angeli 1978; Fontane storiche di Spello, Foligno 1980; Per il catalogo della pittura gotica in Umbria, in ‘Esercizi’ 1980; Spello città d’arte, Guida storico-artistica, Monza 1990). Un impegno che è stato riconosciuto con la nomina a Ispettore Onorario per l’Umbria per il Ministero dei Beni Culturali e Ambientali.
– Particolare attenzione ha dedicato alla definizione di ciò che è andato disperso o distrutto nel patrimonio artistico dell’Italia centrale (operazione pilota condotta a Collazzone nel 1998 concretizzatasi nel volume Collazzone. Catalogo delle opere d’arte, Todi 1999, che costituisce un raro esempio di ‘ricostruzione integrale’ del patrimonio artistico, esistente e non più esistente, relativo ad un’area piutosto estesa, e osservazioni a commento di testi inediti o di difficile reperibilità: Interessi storico-artistici dell’itinerario, in G.G. CARLI, Memorie di un viaggio fatto per l’Umbria per l’Abruzzo e la Marca di Ancona dal dì 5 agosto al dì 14 settembre 1765, Napoli 1989, pp. 105-110 e Qualche considerazione su un testo ‘globale’, in G. Urbini, Le opere d’arte di Spello, rist. an., Spello 1997, pp. 19-24).
Si è interessato anche al fenomeno del ‘riutilizzo’, in modo specifico al settore della scultura su pietra (La scultura, Il Martirio di S. Biagio nel Museo Civico, in Quando Spoleto era romanica, catalogo della Mostra Roma 1984, pp. 37-46; La decorazione scultorea duecentesca e trecentesca, in Il Palazzo dei Priori di Perugia, Perugia 1997, pp. 253-278) e della miniatura (Carte che ridono. Immagini di di vita politica, sociale ed economica nei documenti miniati e decorati dell’Archivio di Stato di Perugia. Secoli XIII- XVIII, catalogo della Mostra Sesto Fiorentino 1987). In quest’ultimo settore ha individuato di persona e fatto recuperare molte carte miniate ‘riadoperate’ per la legatura di protocolli notarili.

Ha operato prevalentemente nel settore delle arti figurative cercando di raggiungere tre obbiettivi principali.

– La ricostruzione dello scenario storico-geografico e i processi di produzione artistica nell’Italia centrale fra Medioevo e Rinascimento, cercando di chiarire il ruolo della committenza, le modalità di ingaggio e il raggio di attività degli artisti, analizzando i ‘conflitti’ in atto fra i vari centri di potere ‘combattuti’ attraverso le testimonianze artistiche (fenomeno definito, sulla scorta di un autore seicentesco, la “santa emulazione”).
– Lo studio dei linguaggi figurativi in circolazione nelle diverse aree geografiche (individuate nei confini storici coevi alle opere in esame) e all’interno di ciascuna di queste, con lo scopo di sottolineari i caratteri peculiari di ogni centro produttivo e l’esistenza di filoni espressivi diversi e paralleli nell’ambito di ciascuna città-stato.
– L’individuazioni e lo studio dei ‘modelli’, cercando di risalire alla loro origine, analizzandone il significato politico e la fortuna, attraverso verifiche condotte all’interno di aree culturalmente omogenee.

Ha approfondito i seguenti argomenti:

*La pittura e la miniatura a Orvieto e Perugia nel Medioevo.
– Si è occupato del pittore orvietano Cola Petruccioli precisando la cronologia (attraverso la nuova lettura di una frammentaria iscrizione) e il significato di alcune opere fondamentali (il dittico e il ciclo di San Claudio a Spello), pubblicando un affresco inedito, firmato, e ipotizzando la formazione di Gentile da Fabriano nella bottega ‘perugina’ dell’artista (Cola Petruccioli e l’ambiente artistico orvietano nel Trecento, Tesi di laurea, 1976-77; Cola Petruccioli a Spello, in ‘Esercizi’, 1, 1978; Percorso nel lungo “Tracciato orvietano” della pittura medievale (secc. XIII-XIV), in Orvieto la città medievale, in “Bollettino dell’Istituto Storico Artistico Orvietano”, 1983 (1988), Appunti sul tardogotico a Perugia, 2) Osservazioni su un dipinto del Maestro della Madonna di Montone, in Benedetto Bonfigli e il suo tempo, Perugia 1998).
Successivamente è tornato sul tema con originali indicazioni sui luoghi di attività (Todi e Foligno) e sul catalogo del Petruccioli, segnalando le diversità esistenti fra i lavori di Cola e del conterraneo Pietro di Puccio, ridimensionando la presenza del primo negli affreschi dell’eremo di Belverde presso Cetona. Ha indicato altri lavori ignorati di Cola Petruccioli a Perugia, avanzando l’ipotesi che l’artista sia stato ‘ingaggiato’ dalla famiglia Baglioni per alcune importanti imprese pittoriche nell’Umbria centrale (Verso un Museo della città, Todi 1982, Cola Petruccioli profilo biografico in La Pittura in Italia, Duecento e Trecento, II, Milano 1986; Introduzione storico artistica in Pinacoteca Comunale di Spello, Perugia 1995; Da Grifonetto a Troilo: due momenti della committenza artistica dei Baglioni in “Epigrafi, documenti e ricerche. Studi in Memoria di G. Forni”, Napoli 1995, pp.243-297).
– Ha preso in esame anche l’attività di Ugolino di prete Ilario e di Pietro di Puccio.
Del primo ha studiato i cicli affrescati nella Cappella del Corporale e nella Tribuna del Duomo di Orvieto, considerati ‘episodi chiave’ nel panorama del secondo Trecento italiano, avanzando, per l’uno e per l’altro, nuove proposte di lettura.
Le Storie del Corporale sono state segnalate come uno dei risultati più significativi della ‘restaurazione’ albornoziana che potrebbe aver determinato, più della peste del 1348, la svolta in chiave arcaizzante avvertibile nella pittura italiana del momento; il ciclo della Tribuna della cattedrale orvietana (divenuti un ‘modello’ per gli artisti operosi nei decenni successivi: Cola Petruccioli e Ottaviano Nelli) è stato interpretato come il riflesso, consapevole e maturo, di due perdute imprese pittoriche di altissimo livello condotte, al tempo di Urbano V, in altrettante cappelle dei Palazzi Vaticani dai massimi pittori italiani del secondo Trecento: Matteo Giovannetti, Giottino, Giovanni da Milano ecc. (Percorso nel lungo “Tracciato orvietano” della pittura medievale (secc. XIII-XIV), in Orvieto la città medievale, in “Bollettino dell’Istituto Storico Artistico Orvietano”, 1983 (1988), Per un riesame della pittura trecentesca e quattrocentesca nell’Umbria meridionale, in Piermatteo d’Amelia. Pittura in Umbria meridionale fra ‘300 e ‘500, Todi 1997).
Di Piero di Puccio, oltre alle precisazioni di catalogo già accennate (profilo biografico in La Pittura in Italia, Duecento e Trecento, II, Milano 1986), ha pubblicato alcuni dipinti inediti (Percorso nel lungo “Tracciato orvietano” della pittura medievale (secc. XIII-XIV), in Orvieto la città medievale, in “Bollettino dell’Istituto Storico Artistico Orvietano”, 1983 (1988), Per un riesame della pittura trecentesca e quattrocentesca nell’Umbria meridionale, in Piermatteo d’Amelia. Pittura in Umbria meridionale fra ‘300 e ‘500, Todi 1997), giungendo alla scoperta e favorendo il recupero del più importante ciclo monumentale realizzato dall’artista dopo i celebri affreschi pisani (Storie di san Matteo apostolo ed evangelista nel San Francesco ad Orvieto)

– Ha esteso l’indagine sull’arte orvietana ad epoche meno battute dagli specialisti, cercando di inquadrare la ‘fioritura’ tardotrecentesca (considerata fino a quel momento un ‘capitolo isolato’) in un contesto più ampio e dimostrando la continuità con le correnti figurative di epoche anteriori. Ha intrapreso perciò un’investigazione sul Duecento orvietano – nell’ambito del quale ha indicato una nuova paternità (in favore di Vigoroso da Siena) per la famosa Madonna dei Servi, tradizionalmente ritenuta di Coppo di Marcovaldo, ricostruito una nuova personalità (il Maestro dei Santi Severo e Martirio) arricchendo, nel contempo, di parecchi numeri il catalogo del già noto Maestro della Madonna di San Brizio – e sulla la prima metà del XIV secolo. In questa fase ha sottolineato, per primo, l’importanza della componente perugina negli sviluppi futuri dell’arte orvietana, indicando due nuove personalità pittoriche (Seguace Orvietano di Simone Martini e il ‘probabile’ Giovanni di Buccio Leonardelli) e il ruolo di primo piano svolto dai miniatori nel cantiere del Duomo di Orvieto (Percorso nel lungo “Tracciato orvietano” della pittura medievale (secc. XIII-XIV), in Orvieto la città medievale, in “Bollettino dell’Istituto Storico Artistico Orvietano”, 1983 (1988); Il Maestro della Madonna di San Brizio e le vicende della pittura ad Orvieto fra Duecento e primo Trecento, in ‘Paragone’, 1989; La civiltà del libro in Orvieto, Materiali per lo studio della decorazione dei codici nei secoli XI-XV, Perugia 1991).
– Si è interessato alla miniatura medievale in Orvieto, identificando e favorendo il recupero di molte carte miniate utilizzate per la legatura di protocolli notarili, studiando approfonditamente i manoscritti miniati (alcuni inediti) conservati nell’Archivio dell’Opera del Duomo di Orvieto. Con tali materiali ha curato l’allestimento di una mostra (e relativo catalogo), la prima dedicata a questo tema, che ha fatto luce, con continuità, su un periodo compreso fra l’inizio del XII secolo e il principio del Quattrocento (La civiltà del libro in Orvieto, Materiali per lo studio della decorazione dei codici nei secoli XI-XV, Perugia 1991).
– Inserendosi in un filone di ricerca consolidato, il sottoscritto ha indagato la pittura e la miniatura a Perugia individuando molte miniature inedite, celate nelle copertine di ‘rifodero’ dei protocolli notarili dell’Archivio di stato di Perugia (Carte che ridono. Immagini di vita politica, sociale ed economica nei documenti miniati e decorati dell’Archivio di Stato di Perugia. Secoli XIII- XVIII, Sesto Fiorentino 1987), e affrontando in modo organico le molteplici personalità anonime del panorama pittorico perugino due trecentesco (profili pubblicati in La Pittura in Italia, Duecento e Trecento, II, Milano 1986: Maestro dei Dossali di Montelabate; Maestro dei Dossali di Subiaco, pp. 596-597; Maestro della Madonna di Perugia, p. 608; Maestro delle Storie di San Domenico a Bevagna, p. 612; Maestro del Trittico di Perugia, p.618;; Maestro di Montelabate p. 622; Maestro di Paciano, p. 623; Maestro di San Bevignate, p. 624; Maestro di San Francesco al Prato, p. 625; Maestro Ironico, p. 632;; Meo di Guido da Siena, pp. 639-640; Pellino di Vannuccio, p. p. 649; Stefano da Perugia, p. 662)
Ha cercato di disegnare un percorso coerente delle arti figurative nel capoluogo umbro, fra la metà del Trecento e i primi decenni del XV secolo, con particolare riferimento ai rapporti fra Gentile da Fabriano e l’ambiente perugino (La cultura figurativa (secoli XIV- XV), in Storia Illustrata delle città dell’Umbria, Perugia, I, Milano Perugia 1993; Appunti sul tardogotico a Perugia, 2) Osservazioni su un dipinto del Maestro della Madonna di Montone, in Benedetto Bonfigli e il suo tempo, Perugia 1998).

*I pittori della valle spoletana e dell’Umbria meridionale fra Trecento e Quattrocento

– Ha trattato inizialmente lo studio di due raggruppamenti anonimi indicati come Maestro della Dormitio di Terni e Maestro del 1409 di Narni, arricchendoli di numerosi dipinti inediti, indicandone le analogie e le diversità, precisandone le componenti linguistiche, la distribuzione territoriale, i rapporti con i coevi maestri attivi in Umbria, nel Lazio, in Abruzzo e nelle Marche (profili pubblicati in La Pittura in Italia, Duecento e Trecento, II, Milano 1986 e saggio specifico in Pittori nell’area ternana fra la fine del ‘300 e l’inizio del ‘400, in “Dall’Albornoz all’età dei Borgia, Todi 1990).
– In un lavoro di ampio respiro, contenuto nel volume dedicato a Piermatteo d’Amelia di cui è stato per larga parte il curatore (Per un riesame della pittura trecentesca e quattrocentesca nell’Umbria meridionale, in Piermatteo d’Amelia. Pittura in Umbria meridionale fra ‘300 e ‘500, Todi 1997), ha trattato su vasta scala il problema della pittura nell’Umbria del sud, cercando di delineare il panorama delle botteghe artistiche attive in quest’area.
Partendo dal Primo Maestro di Santa Chiara a Montefalco (in Arte in Valnerina e nello Spoletino, Emergenza e tutela permanente, Roma 1983) e da altre ‘sequenze’ anonime, già individuate da altri, di cui ha fornito i profili con aggiunte e precisazioni (in La Pittura in Italia, Duecento e Trecento, II, Milano 1986: Maestro del Crocifisso d’Argento; Maestro del Dittico Cini; Maestro delle Palazze; Maestro di Cesi; Maestro di Fossa; Primo Maestro di Santa Chiara da Montefalco; Maestro di Sant’Alò), ha cercato di dare consistenza ‘storica’ a tali ‘serie catalogiche’, considerandole frutto dell’attività di botteghe artistiche a conduzione familiare, ancorate alle città diocesane dell’Umbria meridionale. Ha messo in evidenza la funzione di queste botteghe, alle quali era affidato il compito di realizzare testimonianze artistiche utilizzando un linguaggio figurativo ‘specifico’ di ciascuna capitale vescovile, e ha cercato di delineare la zona di “influenza artistica” di ciascuna città-stato. All’interno di questa situazione ha rimarcato il ruolo di primo piano di Spoleto, città di riferimento per una vasta area centroitaliana, capace di influenzare direttamente e indirettamente, per diversi secoli, la produzione artistica di innumerevoli ‘capitali diocesane’, dislocate lungo la dorsale appenninica.
Muovendo da questa linea ha preso in esame diversi contesti ‘ambientali’.
Fra i centri ‘subiecti’, ha analizzato la situazione di Spello, Stroncone e Collazzone (per quest’ultimo si vedano le considerazioni iniziali). Di Spello ha tracciato la storia artistica mettendo in evidenza le influenze esercitate nelle fasi dell’arte locale dalle diverse città ‘egemoni’ (Introduzione storico artistica in Pinacoteca Comunale di Spello, Perugia 1995). Di Stroncone ha analizzato i ben noti corali cercando di risalire, per primo, alle cause che portarono alla realizzazione dei manoscritti, formulando nuove ipotesi sulle cause sulla cultura dei miniatori che li illustrarono e sulla cronologia dei codici, proposta quest’ultima recentemente confermata da una scoperta documentaria (I Corali del Municipio di Stroncone considerazioni critiche e analisi stilistica, testo per un CD-ROM intitolato I Corali di Stroncone, Terni 1998).
Fra i centri maggiori, ha ricostruito l’attività all’interno di ‘città vescovili’ come Narni e Terni, secondo una continuità di esiti, precedentemente insospettata, che va dal periodo ‘Romanico’ al ‘Tardogotico’, individuando molte opere inedite e nuove personalità (Per un riesame della pittura trecentesca e quattrocentesca nell’Umbria meridionale, in Piermatteo d’Amelia. Pittura in Umbria meridionale fra ‘300 e ‘500, Todi 1997; I dipinti della Cattedrale di San Giovenale, dal XIII secolo al primo Quattrocento, e il ‘contesto pittorico narnese’ nel tardo Medioevo, in “San Giovenale. La Cattedrale di Narni nella storia e nell’arte”, Narni 1998). Coerentemente con quanto osservato per Orvieto, anche a Terni e a Narni il sottoscritto ha tentato di ricostruire un contesto figurativo duecentesco e primo trecentesco da ‘saldare’ con le testimonianze pittoriche di fine Trecento e primo Quattrocento (considerate per lungo tempo le uniche manifestazioni significative di queste aree), dimostrando la durata e la coerenza (nella “persistenza linguistica”) di una civiltà consapevolmente tradizionalista, ben articolata nelle sue manifestazioni e dai caratteri assai originali.
– In più occasioni, ha studiato i pittori di Foligno, giungendo ad una plausibile individuazione di Andrea di Cagno, importante artefice al servizio dei Trinci ed esponente del gusto gotico internazionale in Umbria (La pittura a S. Anna nel secolo XV, in La Beata Angelina da Montegiove e il movimento del Terz’Ordine Regolare Francescano Femminile, Roma 1984). In alcuni interventi, ha preso in esame l’attività della Bottega Mazzaforte all’interno della quale si formò ed agì Niccolò di Liberatore (Note sulla pittura del Quattrocento in Iconografia Musicale in Umbria nel XV secolo, Assisi 1987; Introduzione storico artistica in Pinacoteca Comunale di Spello, Perugia 1995; Un raggruppamento di opere anonime a Foligno (il Maestro dell’abside destra di San Francesco a Montefalco), in “Bollettino Storico della città di Foligno”, 1996-97), sottolineando l’impronta “fortemente collettiva” dei lavori riferiti a questo atelier e le difficoltà che si incontrano nel distinguere le parti spettanti a ciascun artista. Ha anche indicato l’esistenza di un ‘rapporto’ molto stretto fra alcuni pittori di Foligno e i componenti della famiglia Baglioni di Perugia (Da Grifonetto a Troilo: due momenti della committenza artistica dei Baglioni in “Epigrafi, documenti e ricerche. Studi in Memoria di G. Forni”, Napoli 1995).
Di recente, ha tracciato un quadro complessivo delle relazioni esistenti fra le testimonianze pittoriche di Umbria e Marche nel Medioevo, ponendo le premesse per una storia artistica ‘integrata’ fra le due attuali regioni amministrative, sottolineando le variazioni intervenute lungo le loro ‘frontiere storiche’ e mettendo in rilievo affinità e diversità ravvisabili nei vari filoni espressivi circolanti nelle due aree (Pittura fra Marche e Umbria: primi passi per una storia comparata in Il Maestro di Campodonico Rapporti artistici fra Umbria e Marche nel Trecento, Fabriano 1998).
Di recente ha svolto un’accurata analisi del dipinti tardo medievali e rinascimentali della chiesa di Sant’Alò a Terni.

* La scultura lignea policroma medievale e rinascimentale nell’Italia centrale
– Ha iniziato la ricerca illustrando un’opera inedita e assai problematica, il frammentario Crocifisso del Palazzo vescovile di Foligno, nella quale ha rintracciato gli echi della raffinata scultura orvietana del Trecento ma con uno svolgimento più maturo, che potrebbe preludere alle realizzazioni plastiche quattrocentesche (Contributo alla scultura gotica in Umbria, due schede per la plastica lignea del Trecento, in ‘Esercizi’, 1981).
– Ha preso in esame opere risalenti ad epoche più alte, distinguendo, per tipologia, per qualità e per stile, le sculture lignee duecentesche dell’area appenninica – fino a quel momento valutate per lo più in ‘blocco’ e senza particolari differenziazioni – partendo da tre statue lignee raffiguranti la Madonna col Bambino, conservate a Ferentillo, San Felice di Narco e Poggioprimocaso. Per quest’ultima ha indicato anche una nuova proposta di datazione (in Arte in Valnerina e nello Spoletino, Emergenza e tutela permanente, Roma 1983).
– Si è occupato ripetutamente, in particolare per la plastica trecentesca, del problema, assai dibattuto, riguardante i rapporti fra lavoro di intaglio e policromia, avanzando l’ipotesi che le assonanze tra pittura e scultura nell’Umbria “alla sinistra del Tevere” vadano oltre il semplice “parallelismo di esiti”, già riscontrato da autorevoli studiosi, sostenendo che nelle botteghe dell’area appenninica (quelle spoletine in particolare) avrebbero agito intagliatori-pittori in grado di realizzare, dalla prima all’ultima fase, le statue policrome (in Arte in Valnerina e nello Spoletino, Emergenza e tutela permanente, Roma 1983; Nuove acquisizioni per la scultura lignea “umbra” trecentesca, in Scultura e arredo in legno fra Marche e Umbria, Perugia 1999; Maestro della Madonna di Sant’Agostino in “Pietà e memoria” a cura di Massimo Vezzosi, Firenze 1999, pp. 16-27; Scultura lignea policroma e pittura nell’ “Umbria” del Trecento, in “Commentari d’arte”, 1998).
Sviluppando questa ipotesi, il sottoscritto ha cercato di ‘coniugare’ le serie anonime di opere pittoriche con quelle formate da statue lignee, individuando nuovi raggruppamenti e aggiungendo diverse testimonianze a quelli già conosciuti.
– Ha decifrato l’iscrizione della Madonna scolpita di Bugnara oggi nel Museo Nazionale dell’Aquila (datata 1262), ricavando il nome del pittore (MACHILONE) che ha proposto di identificare con lo spoletino Machilone che, in coppia con Simeone, firma tre importanti dipinti intorno alla metà del XIII secolo. A questa bottega di cui doveva far parte anche il figlio di Machilone ha assegnato, oltre alle Madonne facenti capo alla Vergine di Spello (di cui ha ricostruito anche la policromia originaria e meglio definito la cronologia) anche alcuni gruppi lignei raffiguranti la Deposizione (gruppo di Tivoli) (relazione d’apertura dal titolo “Confini professionali e amministrativi lungo la dorsale appenninica”, in corso di stampa, tenuta al Convegno su ‘Bencivenni e Mercatello: Una terra di frontiera e i maestri di legname itineranti fra ‘400 e ‘500’, tenutosi nel 1998, di cui il sottoscritto è stato l’organizzatore scientifico).
– Ha individuato e illustrato, per primo, la Madonna dolente appartenente al gruppo di Deposizione di Roncione presso Deruta, proponendone il recupero e l’acquisizione da parte dello Stato (comunicazione, in corso di stampa, al Convegno Internazionale su ‘La Deposizione di Montone, Problemi e significati dei gruppi lignei’, tenutosi a Montone nel 1999).
– Ha analizzato la produzione plastica in ambiente appenninico nel XV secolo in rapporto alle botteghe pittoriche di Nicola da Siena e degli Sparatane da Norcia (Partecipazione al Convegno: I da Varano e le arti, Camerino 4-5-6 ottobre 2001, con una relazione su “Pitture e intagli nelle valli appenniniche nel corso del Quattrocento”).
– Come responsabile del settore medievale per il programma di ricerca scientifica di tipo interuniversitario, di rilevante interesse nazionale, dal titolo “Scultura e arredo ligneo lungo la dorsale appenninica umbro-marchigiana”, coordinato dal prof. Pietro Scarpellini, sta procedendo ad un inventario sistematico delle sculture lignee medievali dell’ambito umbro-marchigiano e, contemporaneamente, sta elaborando alcune carte tematiche sulla distribuzione territoriale di tali reperti.
– Altro intervento in materia risale al 2009 culminato con la curatela
della mostra All’ombra di sant’Ercolano tenutasi a Perugia tra l’ottobre e il
dicembre del 2009 (Trecento anni di scultura a Perugia: una breve rassegna, in
All’ombra di Sant’Ercolano. Sculture lignee fra Medioevo e Rinascimento nella
Diocesi di Perugia, a cura di C. Fratini, Perugia 2009, pp. 21-44).
– Ha segnalato inoltre una possibile opera di Jacopo della Quercia conservata nel
Museo di San Rufino ad Assisi (lascito Perkins), Madonna Annunciata esposta a
Ripatransone (Madonna Annunciata, in Jacopo della Quercia ospite a
Ripatransone. Tracce di scultura toscana tra Umbria e Marche, a cura R.
Casciaro P. Di Girolami, Firenze 2008, pp. 70-73) e un notevole sant’Antonio
abate visibile nella chiesa omonima di Perugia (Un contributo alla conoscenza di
sant’Antonio abate, in Il restauro della statua lignea di Sant’Antonio abate,
Perugia 2014, pp. 4-7

*La scultura in pietra nel centro-Italia fra XII e XV secolo.
– Ha dedicato uno studio dettagliato al rilievo raffigurante il ‘Martirio di san Biagio’ conservato nel Museo Civico di Spoleto, mettendone in evidenza le diversità rispetto alla coeva scultura ‘classicheggiante’ spoletina (La scultura, Il Martirio di S. Biagio nel Museo Civico in Quando Spoleto era romanica, Roma 1984).
– Nell’ambito di un progetto di rilevante interesse nazionale (fondi del 40%, coordinatore prof. Giuseppe Rocchi), il sottoscritto ha affrontato una ricerca ad ampio raggio sulla scultura romana del medioevo con particolare riferimento alla decorazione plastica dell’antica Basilica di San Pietro in Vaticano. Dopo aver accuratamente vagliato la letteratura sull’argomento e proposto nuove valutazioni critiche sulla scultura laziale del periodo, prendendo avvio dalla “Cornice di Sant’Apollinare”, il sottoscritto ha ripercorso il panorama della scultura a Roma e nel Lazio, proponendo una distinzione in tre gruppi delle testimonianze scultoree non appartenenti alla produzione ‘cosmatesca’, attorno alle quali la critica si era espressa in termini discordanti o contraddittori circa la qualità e la cronologia dei reperti.
Il sottoscritto ha indicato un primo nucleo riferibile allo scadere del X e agli inizi dell’XI secolo (rilievi di Santa Maria in Aventino, Santa Maria in Cosmedin, Santa Maria in Trastevere e san Giorgio in Velabro), un secondo alla fase finale dell’XI secolo (cornici di Sant’Apollinare e di Santa Pudenziana), un terzo al XII secolo (cornice di San Giorgio degli Abissini e di Santa Marina ad Ardea).
In merito al secondo nucleo ha osservato che, per le strette affinità riscontrabile con le imprese pittoriche riferite al pontificato di Gregorio VII, esso potrebbe essere l’espressione, in scultura, della ‘Riforma’ promossa da Ildebrando, un fenomeno parallelo alla stile pittorico detto di “San Clemente”.
Dallo “Stile Santa Pudenziana”, che si distingue anche per un raffinato uso ‘decorativo’ delle iscrizioni realizzate con eleganti caratteri capitali, potrebbero derivare alcune realizzazione rintracciabili in svariati edifici religiosi del centro-Italia, situabili fra lo scadere dell’XI e il principio del XII secolo (Considerazioni e ipotesi sulla cornice di Sant’Apollinare conservata nelle Grotte Vaticane, in San Pietro, Arte e Storia nella Basilica Vaticana, Bergamo 1996).
– Si è occupato della decorazione scultorea del Palazzo dei Priori a Perugia, indicando per la prima volta il fenomeno del ‘riutilizzo’ all’interno dell’edificio, esteso allo stesso portale maggiore del Palazzo. Sull’origine e al primitiva destinazione del manufatto ha formulato un’originale proposta, pensando ad una prima destinazione per la facciata della Cattedrale di Perugia (comprese le tre discusse statue dei patroni) e ad un adattamento alla sede attuale, quando vennero modificati il progetto e l’orientamento del Duomo perugino. Ha riconsiderato le vicende della scultura nell’ “Umbria alla destra del Tevere”, con proposte di datazione anticipata (legate alla rilettura di alcuni documenti riguardanti il cenotafio di Benedetto XI) che ribadiscono la precocità e il valore degli artisti (locali), attivi fra Perugia e Orvieto nel tardo XIII e nel primo Trecento (La decorazione scultorea duecentesca e trecentesca, in Il Palazzo dei Priori di Perugia, 1997; Maestro della Madonna di Sant’Agostino in “Pietà e memoria”, Firenze 1999).
– Ha dedicato un breve intervento alla scultura tardogotica umbra, che costituisce l’apertura su un settore quasi privo di contributi scientifici, illustrando la statua di san Secondino conservata nel Palazzo Comunale di Pergola, per la quale ipotizza una realizzazione nell’attuale capoluogo umbro (Appunti sul tardogotico a Perugia, 1) Una scultura ‘perugina’ a Pergola in Benedetto Bonfigli e il suo tempo, Perugia 1998).
– Ha pubblicato alcuni frammenti inediti, risalenti all’XI-XII secolo, conservati nel Museo Capitolare di San Lorenzo a Perugia mettendoli in relazione con lo stipite destro del portale di San Costanzo, della stessa città, inserito nell’edificio ricostruito da Guglielmo Calderini alla fine del XIX secolo.
In seguito è tornato sull’argomento ampliando la ricerca su un vasto arco territoriale
che indica un legame tra la plastica perugina e quella della bassa Toscana (La
scultura del XII secolo a Perugia. Le vestigia del Duomo, in Umbria e
Marche in età Romanica. Arti e tecniche a confronto tra XI e XIII secolo, a cura
di E. Neri Lusanna, Todi 2013, pp. 113-122.

Si è interessato inoltre:
– della committenza artistica promossa dalla famiglia Baglioni e, in particolare, ha cercato di far luce sulle circostanze che portarono alla realizzazione, da parte del Pintoricchio, dei celebri affreschi della “Cappella Bella” in Santa Maria Maggiore, indicando l’esistenza di un’altra (ignorata e preesistente) Cappella Baglioni commissionata da Grifonetto e ricostruendo le circostanze storiche in cui videro la luce i due importanti episodi artistici. Eventi inquadrabili in un ‘conflitto’ combattuto per la supremazia sull’intera casata che videro alternarsi fatti di sangue (le “Nozze Rosse”) e imprese artistiche di rilevante significato politico (Da Grifonetto a Troilo: due momenti della committenza artistica dei Baglioni in “Epigrafi, documenti e ricerche. Studi in Memoria di G. Forni”, Napoli 1995; L’arte nella chiesa di Sant’Andrea a Spello: un’indagine sulla cappella di Grifonetto Baglioni, in “Il Beato Andrea Caccioli da Spello”, Spoleto 1997).
– di iconografia religiosa, curando la voce Agostino Aurelio (santo) (in Enciclopedia dell’Arte Medievale, 1, Roma 1991), e di iconografia musicale, realizzando un censimento sistematico delle testimonianze di età Medioevale e Rinascimentale esistenti in area umbra, e curando mostre e cataloghi sull’argomento (Iconografia musicale in Umbria tra XII e XIV secolo, Assisi 1985; Iconografia Musicale in Umbria nel XV secolo, Assisi 1987).
– della produzione artistica destinata all’ordine agostiniano di cui ha ricomposto un quadro relativo al periodo compreso tra la fine del XIV secolo e gli inizi del Quattrocento (relazione, in corso di stampa, su “Cicli pittorici delle chiese agostiniane umbre fra Tre e Quattrocento”, tenuta al Convegno “Per corporalia ad incorporalia, Spiritualità, Agiografia, Iconografia e Architettura nel medioevo Agostiniano”, Tolentino 1999).
– di studi sulle immagini di culto nei santuari dell’Umbria e delle Marche nell’ambito di un programma di ricerca scientifica di tipo interuniversitario, di rilevante interesse nazionale, dal titolo “I santuari nell’Italia centrale e meridionale dal tardo Antico all’età contemporanea, coordinato dalla prof. Sofia Boesch Gaiano (Partecipazione al Convegno: Santuari cristiani d’Italia: committenze e fruizioni tra medioevo ed età moderna, Perugia, Lago Trasimeno, Isola Polvese, 11-12-13 settembre 2001, con una relazione su “ Immagine e committenza. Prime riflessioni su alcuni santuari umbri”).
– di un’indagine sul patrimonio dei musei umbri, per alcuni dei quali ha fornito consulenze scientifiche sull’allestimento; è stato incaricato della curatela del catalogo scientifico della Pinacoteca di Terni (vedi allegati).
– Ha dedicato due saggi a personaggi dell’ordine francescano con riferimento alle
rappresentazioni figurative tra medioevo e Rinascimento: il beato Giacomo della
Marca (Il Beato Giacomo della Marca in Umbria e nelle Marche fra
Quattrocento e i primi del XVI secolo. Qualche considerazione in Giacomo della
Marca tra Monteprandone e Perugia. Lo studium del Convento del Monte e la
Cultura dell’Osservanza francescana, Atti del Convegno Internazionale di Studi
Monteripido, 5 novembre 2011, a cura di F. Serpico L Giacometti, Firenze
Perugia 2012, pp. 359-368) e il beato Egidio l’Assisi Alcune considerazioni sulle
immagini del beato Egidio in Umbria, in Frate Egidio d’Assisi, Atti dell’Incontro
di Studio in occasione del 750° anniversario della morte (1262-2012), Perugia 30
giugno 2012, Spoleto 2014, pp. 79-90.

Pubblicazioni Prof. Fratini

FacebookTwitterGoogle+Condividi